mercoledì 16 ottobre 2013

Cinema: Gravity



















Anno: 2013
Durata: 90 min
Genere: thriller spaziale
Regia: Alfonso Cuarón
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Attori: Sandra Bullock (Dottoressa Ryan Stone), George Clooney (Matt Kowalsky)


Visto in ottobre 2013


La dottoressa Ryan Stone sta eseguendo alcuni lavori di manutenzione sul telescopio Hubble.
In questa sua prima missione nello spazio è accompagnata dal veterano comandante Matt Kowalsky, per il quale invece sarà l'ultima volta.
La distruzione in orbita di un satellite russo, produce una nube di detriti che colpisce lo shuttle, il telescopio e spedisce la dottoressa nello spazio, alla deriva, sola, lontano dalla navetta.

Non voglio rivelare altro di questo film ad alta tensione.

A parte qualche piccolo momento di calma, la trama è un susseguirsi di colpi di scena in un crescendo di suspence che passo dopo passo vi accompagnerà ad un finale forse scontato, ma inevitabile.
Sarà perché non c'è stato nemmeno l'intervallo, ma vi assicuro che i 90 minuti passano veramente in un attimo.

Il film era in 3D e io detesto gli occhialoni. Tolgono luminosità e nitidezza, sono scomodi e spesso fanno venire il mal di testa. Sono però fantastici in alcune scene del film che descriverò meglio di seguito nella zona SPOILER (vedi sotto).

L'interpretazione di Sandra Bullock è veramente magistrale e il personaggio di Clooney è fortissimo.

Se proprio vogliamo fare una critica, possiamo dire che questo film offre pochi spunti all'immaginazione e poche occasioni di riflessione. Si viaggia su solide rotaie, sapendo già di andare da A a B. Il film mostra "SOLO" il come, ma lo fa in modo emotivamente coinvolgente, tanto che si resta incollati alla poltrona fino alla fine.

Piccolo elogio infine per gli effetti speciali, che consentono di mantenere sempre un incredibile realismo in tutte le scene.

In sintesi, un bel film: complimenti ad Alfonso Cuarón per questo inedito thriller spaziale.

Assolutamente sconsigliato a chi soffre di claustrofobia, agorafobia, vertigini, cuore.




*** SPOILER ***




Come dicevo sopra, c'è almeno una scena del film che in 3D è veramente spettacolare. Si tratta dell'esplosione della stazione spaziale internazionale, durante la quale i detriti volano da ogni parte. Al centro della scena c'è sempre la dottoressa Stone, ma dietro di lei succede di tutto. Si alternano inquadrature in soggettiva in cui si sente il respiro affannoso di Ryan, e inquadrature dall'esterno in cui, nel silenzio totale, la stazione spaziale va letteralmente in pezzi. Un'orgia di frammenti si riversa addosso all'estasiato spettatore che finalmente può apprezzare appieno il 3D. Questa scena aiuta decisamente a sopportare i maledetti occhialoni.

Per la verità le scene in cui si apprezza il 3D sono parecchie, dalle lacrime fluttuanti, ai cavi che escono dallo schermo, ... A voi quali sono piaciute?

Altra nota di merito va agli effetti speciali, che sono molto ben realizzati. In particolare quelli che il mio amico Michele definisce "i tirotti", ovvero gli effetti della spinta tra 2 corpi legati da un cavo. Si possono notare quando Kowalsky traina la dottoressa, o quando i cavi si impigliano a qualcosa, quando uno dei due rimbalza via tirandosi dietro l'altro... Niente male, davvero.


giovedì 10 ottobre 2013

Letture: Il fiume degli Dei - Ian McDonald

Letture: Il fiume degli Dei - Ian McDonald
Edizione italiana: luglio 2013 (Urania Jumbo - Mondadori)
Edizione originale: anno 2004 (River of Gods)


Finito di leggere in settembre 2013

Dopo una lunga pausa estiva, eccomi qui a recensire questo matton... ehm, librone di Ian McDonald.
Come avrete capito, si tratta di un lungo e denso romanzo, da leggere con attenzione perchè è facile perdersi o restare impantanati.

I personaggi sono tanti, ognuno con la propria storia e, nonostante l'ambientazione comune, non tutte le storie si incrociano tra di loro.
Ma non è solo il numero di vicende e di personaggi a rendere difficoltosa la lettura. Lo stile è superdenso: una singola frase ha spesso molto contenuto/sottintesi e pochi fronzoli. A mio avviso, a volte l'autore pretende un po' troppo dal lettore, lasciando intuire collegamenti e conclusioni non sempre facili. Altre volte invece, si perde in lunghissime e inutili descrizioni. Il risultato è che la lettura non è per niente scorrevole.

Mettiamo quindi da parte l'idea di un romanzo d'evasione, ed entriamo nelle dense acque della trama.

Siamo nell'India del 2047, alle prese con la cultura, l'organizzazione sociale, la religione e il modo di vivere tipici di quella regione.
La prima caratteristica che salta all'occhio, è l'abbondante farcitura di termini indiani. E' vero che in fondo al libro c'è il glossario (di ben 7 pagine), ma non è proprio comodissimo, soprattutto per chi legge la versione e-book.
Le vicende degli innumerevoli personaggi, sono funzionali alla presentazione di un incredibile affresco della società indiana, con tutte le sue virtù e contraddizioni. Religione, cultura, tradizione e scienza si mescolano e si scontrano per dare vita ad un complesso e vasto disegno d'insieme.
I personaggi sono tutti diversi e tutti credibili. Tanto di cappello a Ian McDonald per essere riuscito a rendere così bene uno spaccato della società indiana e per aver saputo gestire una trama complessa ma credibile.

Il romanzo parla anche di Intelligenza Artificiale con le iniziali maiuscole. Detta così sembra qualcosa di marginale, e invece...

Il finale è bello, pieno di rivelazioni e colpi di scena più o meno attesi. Ma secondo me, non si riesce a gustarlo con il dovuto piacere. Alla fine delle 500 e passa pagine, si arriva stremati e viene spontaneo un sospiro di sollievo.

Quando si butta sempre l'occhio al numero di pagine che mancano alla fine (o al tempo che manca alla fine, stimato dall'e-book reader), vuol dire che c'è la voglia di arrivare in fondo e il coinvolgimento è ridotto al minimo. Ho letto romanzi in cui la fine arriva improvvisa, lasciando un senso di vuoto. Qui purtroppo non è stato così.

Parole chiave: intelligenza artificiale, India, Gange, stile denso, faticoso
Voto: 3 su 5


venerdì 5 luglio 2013

Cinema: Star Trek - Into Darkness



Anno: 2013
Paese di produzione: USA
Regista: J. J. Abrams
Con
Chris Pine: James T. Kirk
Zachary Quinto: Spock
Zoë Saldaña: Nyota Uhura
Benedict Cumberbatch: Khan
Alice Eve: Dott.ssa Carol Marcus
Karl Urban: Dott. Leonard McCoy
Simon Pegg: Montgomery Scott


Visto in giugno 2013


J. J. Abrams ci ha abituati ad action-thriller fantascientifici molto spettacolari. Chi ama il genere, non verrà certo deluso da questo lungometraggio.

Il film parte subito in forte accelerazione con un adrenalinico inseguimento e uno spettacolare salvataggio.
Poi inizia la trama vera, quella in cui la testa calda Kirk ne combina di tutti i colori, come sempre.
Il cattivo è un superuomo geneticamente potenziato, proveniente dal passato. Il misterioso ed enigmatico Khan è l'unico risvegliato di un equipaggio di superuomini addormentati in bare criogeniche.

Cosa vorrà fare questo Khan?
Che ruolo avrà l'Enterprise e il suo equipaggio?
Riuscirà Kirk a superare le nuove minacce che lo attendono?

Un film valido sotto vari punti di vista.
Il rivolo di ironia che scorre lungo tutta la pellicola, la rende sicuramente più gustosa.
Diciamo che manca un po' la novità del precedente, ma comunque siamo su un buon livello.
Qualche passaggio lento c'è, soprattutto verso la metà.
La trama è articolata e mai banale.
Finale di nuovo adrenalinico con sorpresa (prevedibile).

E veniamo alle "curiosità" contenute nel film.

Durante la proiezione, assistiamo a quello che potremmo definire "L'assedio dei primissimi piani".
E' difficile da immaginare, ma spesso il maxi schermo del cinema si colora di rosa-carne, e mostra il faccione di uno dei protagonisti.
Si susseguono a ritmo incalzante i primissimi piani di Chris Pine alias capitano Kirk (qualche ragazza forse avrà gradito), ma anche degli altri attori, tra cui la bella Alice Eve (Dott.ssa Carol Marcus). Di lei, oltre ad ammirare le curve del volto, possiamo ammirare anche le curve del corpo. Senza apparente ragione infatti, alla prima occasione si spoglia mostrando il corpo atletico in biancheria intima al nostro capitano Kirk e soprattutto alle telecamere. Questa scena completamente inutile, fa da contraltare all'assedio di primi piani di Chris Pine, per la gioia dei maschietti in sala.



*** SPOILER ***



Dalle curiosità alle provocazioni, il passo è breve.

Il motore a curvatura: un giocattolo instabile e capriccioso.
Non si è mai visto un motore più inaffidabile di quello dell'Enterprise. Sempre problematico, sempre difficile da trattare, capace di fare miracoli, ma solo quando gli pare. Possibile che le due estremità tra le quali passa il flusso di energia si possano disallineare con tanta facilità? E soprattutto che possano essere rimesse a posto con un calcio? Come si fa a mettere la vita di un intero equipaggio nelle "mani" di questo catorcio tecnologico? L'Enterprise dovrebbe essere l'ultimo ritrovato della scienza e della tecnologia, eppure questo motore non sembra essere all'altezza del ruolo che gli compete.

Enterprise: paghi 1, prendi 2++
Ma come è possibile che venga costruita segretamente un'altra Enterprise, grande il doppio dell'originale e molto più potente, senza che nessuno se ne accorga? Chi finanzia questa costruzione? Da dove vengono i materiali? Chi ci lavora? Come fanno i lavoratori ad andare in cantiere senza essere notati? Scompaiono forse? E l'equipaggio? Se il progetto dell'Enterprise è il più avanzato, come è stato possibile creare qualcosa di meglio? Di più grande? Di più potente? Di più armato?

Scott: sempre nel posto giusto, al momento giusto.
Che serie di fantastiche coincidenze! Scott, che viene lasciato a casa da Kirk, parte poi per una missione richiesta più tardi dal capitano stesso. E guarda caso, scopre l'Enterprise 2++, ci entra senza che nessuno se ne accorga, riesce a manomettere i generatori e a muoversi indisturbato. Davvero fortunato e incredibilmente bravo. Sembra quasi un mago!

Ma veniamo al grande finale.
Si scopre che il sangue del cattivissimo Khan, opportunamente trattato (ma anche senza trattamenti), può avere effetti miracolosi sulle forme di vita, fino alla restituzione della vita a chi l'ha persa. E' la chiave della resurrezione, il siero dell'immortalità, la cura di tutti i mali fino al più estremo: la morte. Scoperta sensazionale, oserei dire. E che cosa succede? Viene salvato il capitano Kirk, morto a causa dell'esposizione alle radiazioni. Ma poi, l'unico uomo che può garantire la sintesi del siero, ovvero Khan, viene rimesso in stasi e non in coma. E così niente elisir di lunga vita! Peccato: sembrava una cosa utile. Ma d'altra parte, era già stato utile al nostro eroe. A chi altri potrà mai servire?

Lunga vita e prosperità (appunto!)



giovedì 4 luglio 2013

Letture: gli ultimi tasselli della Cultura di Iain M. Banks

Chi, tra gli appassionati di fantascienza, non ha mai sentito parlare del ciclo della Cultura di Banks?
E chi, pur sapendolo, colpevolmente non ha mai letto niente di questo ciclo?

Se siete nel primo gruppo, vi cosiglio caldamente di farvi una "Cultura":
http://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_della_Cultura

Se siete nel secondo gruppo, cosa state aspettando?

Se non siete nel primo o nel secondo gruppo, forse avete sbagliato post. Ma potrebbe essere interessante cominciare a leggere qualcosa di fantascienza, magari partendo proprio da questo fantastico ciclo.

Avevo letto quasi tutto del Ciclo della Cultura, tranne:
- Lo stato dell'arte
- Inversioni

Il primo era difficile da trovare, ma finalmente ce l'ho fatta.
Su Inversioni invece, avevo parecchi dubbi per via delle critiche. Ma alla fine mi sono deciso a leggerlo.

"Lo stato dell'arte" contiene un romanzo breve ambientato nella Cultura, e altri racconti.
Questo romanzo, o meglio, racconto lungo, narra di un episodio che riguarda una "vecchia" conoscenza di Circostanze Speciali: Sma Diziet.
E dove si trova in missione questa volta? Sulla nostra Terra, negli anni 70.
Banks riesce a sottolineare pregi e difetti della società terrestre dell'epoca, tramite i molteplici punti di vista dei personaggi coinvolti, non ultimo quello dell'UGC (Unità Generale di Contatto) Arbitraria.
Nonostante la trama non sia particolarmente articolata, si è profondamente coinvolti nella vicenda e ci si immedesima inevitabilmente nella protagonista.
In tutto il raccontone si respira il solito "senso del meraviglioso" che così bene Banks riesce a infondere in tutti i suoi scritti appartenenti a questo ciclo.
Non aspettatevi viaggi pazzeschi, guerre, ecc... Qui tutto è giocato sui personaggi, sulle diverse opinioni e punti di vista, con piccole pennellate che alla fine completano il quadro.

"Inversioni", ha riferimenti alla Cultura molto sottili, ma inequivocabili per chi ha letto gli altri libri.
Questo romanzo infatti non andrebbe letto per primo, tra quelli appartenenti al ciclo.
Si tratta essenzialmente delle storie parallele di Vossil e DeWar, due soggetti della Cultura in "missione" su un pianeta ad uno stadio medievale. Tra intrighi di corte, cospirazioni, giochi di potere, tradimenti e vendette, i nostri personaggi si distinguono per acutezza, arguzia ed etica. Sull'ambientazione di un classico fantasy, Banks riesce come sempre a tratteggiare i personaggi in modo ineccepibile, tanto da renderli completamente reali.
Nonostante la trama a tratti lenta, le sorprese sul finale fanno decisamente risvegliare l'interesse e ripagano di alcune lungaggini.
Questo romanzo si discosta molto dai classici della Cultura. Il "sense-of-wonder" è relegato dietro alle quinte e, tranne qualche piccolo episodio, la vicenda è molto terrena. Da questo punto di vista, per me che sono un amante della fantascienza e del ciclo della Cultura, questo romanzo è stato un po' una delusione, nonostante lasci trapelare qualcosa (poco) qui è là.
Le due storie sono narrate una in prima persona (da parte dell'assistente della dottoressa Vossil) e l'altra in terza persona. Si scoprirà poi che...
L'epilogo lo lascio a voi.


Letti in giugno 2013

Parole chiave: Ciclo della Cultura, Iain M. Banks, Lo stato dell'arte, Sma Diziet, senso del meraviglioso, Inversioni, Vossil, DeWar, ambientazione fantasy

Voto:
- Lo stato dell'arte: 4 su 5
- Inversioni: 3 su 5



martedì 18 giugno 2013

Cinema: After Earth



Anno: 2013
Paese di produzione: USA
Regista: M. Night Shyamalan
Con: Will Smith e Jaden Smith


Visto in giugno 2013


La Terra è diventata un luogo inabitabile a causa dei disastri ambientali prodotti dall'uomo, ma la popolazione ha trovato un altro remoto pianeta su cui emigrare: Nova Prime.
Piccolo problema: il pianeta è già abitato e gli indigeni non gradiscono molto l'invasione. Tramite l'ingegneria genetica, si inventano un terribile mostro predatore, l'Ursa, che però è cieco. O meglio: vede solo le emissioni organiche della pelle degli umani quando hanno paura. Per non essere individuati basta quindi non avere paura. Facile, no?
Il nostro Will Smith impersona Cypher Raige, un generale, guarda caso, senza paura. Jaden Smith (il figlio reale di Will) impersona Kitai, il figlio del generale, che ha gravi problemi di relazione con il padre. La sorella è stata uccisa da un Ursa e il generale incolpa se stesso, ma se la prende con il figlio che non ha fatto niente per evitarlo. Morale: il figlio ha una paura matta degli Ursa e il padre lo tratta con durezza esagerata.
La moglie del generale lo convince a portale il figlio con sé in una missione di routine su un'astronave, ma succede un imprevisto, con gravi danni alla nave che si teletrasporta in un'altra zona dello spazio.

Indovinate dove vanno a schiantarsi con la nave? Bravi, sulla Terra.
Indovinate cosa c'era a bordo? Bravi di nuovo, un Ursa.

Riusciranno i nostri eroi a cavarsela in mezzo a tutti i pericoli della Terra di mille anni dopo l'abbandono?
Riuscirà il figlio Kitai a vincere la paura e riguadagnare la stima e l'affetto del padre?
Riusciranno a tornare a casa?

Se volete vivere la storia, un po' sonnolenta, di riavvicinamento tra un padre e un figlio e non avete paura delle esagerazioni, degli avvenimenti impossibili, delle situazioni inverosimili e delle stronzate galattiche, allora questo film fa per voi.

Altrimenti leggetevi un po' di spoiler e provocazioni qui di seguito e ditemi come la pensate.



*** SPOILER ***



Siamo 1000 anni nel futuro, ci sono città pazzesche e astronavi che possono produrre wormhole per trasferirsi in qualsiasi zona dello spazio/tempo.
Possibile che non esistano armi migliori di un doppio spadone retrattile?
Non metto in dubbio l'effetto scenico dell'arma bianca, dello scontro corpo a corpo, dell'arma-giocattolo che si ritrae e può avere molte forme di lame tra cui scegliere, ma non sta in piedi. Ci sono mostri assassini con dieta a base di umani intimoriti e l'unico modo per combatterli, non senza rischi ovviamente, è essere dei super samurai/ninja senza paura? E una banale pistola, no? Un fucile? Un bazooka? Ma anche una balestra? Un arco? Che ca%%o ha fatto l'umanità in 1000 anni? Ha invaso un pianeta tirando mazzi di fiori?

E il mostro cieco che vede solo gli uomini che hanno paura? Grande opera di ingegneria genetica, indubbiamente. Un paio di occhi, anche miopi, sarebbero forse stati più utili. Viene da chiedersi come faccia a muoversi tra alberi, rocce, grotte, pertugi... e a infilzare corpi esanimi sui rami degli alberi.

Poi c'è la tuta del ragazzo, che cambia colore quando avverte movimento (pericolo, in realtà). Bellissima, fichissima. Bastava giusto completarla con un bel casco e un paio di guanti, così l'Ursa non avrebbe di certo sentito nessun "odore di paura". Tra l'altro, un casco avrebbe consentito al ragazzo anche di usare un respiratore al posto delle super razionate pompette per l'asma. Invece no, lasciamo parti del corpo scoperte, così l'Ursa può fiutare meglio il ragazzino. Con le pochissime pompette per l'asma a disposizione del nutrito equipaggio, mi chiedo come avrebbero potuto fare in caso di bisogno. Per fortuna sono morti tutti tranne il padre e il figlio. Certo che devono essere pompette potenti, perché durano un giorno intero, e ti fanno respirare ovunque. No aspetta. Forse vanno bene solo sulla Terra. Ecco si, dubito che su Marte possano funzionare, perché di ossigeno lì ce n'è troppo poco. Quindi è stato proprio un gran colpo di fortuna schiantarsi sulla Terra! Che culo avere proprio le pompette giuste per il pianeta giusto!

C'è da dire che come gadget per la vendita post-film, la doppia spada retrattile e la tuta cangiante saranno di certo ambitissimi da tutti i bimbi.

E cosa ne pensate del siero anti tossine che è da fare con due iniezioni nel cuore? Non ne bastava una? No, troppo facile in effetti...

L'aquila poi è incredibile. Prima stordisce Kitai e lo porta nel proprio nido. A meno che non se ne sia innamorata a prima vista, immagino fosse per dare da mangiare ai piccoli aquilotti. Peccato che, invece di uccidere la preda e offrirla ai pulcini, preferisca andare a volare chissà dove. Così il ragazzo fa in tempo a svegliarsi, i felini fanno in tempo ad attaccare il nido e a fare strage dei piccoli, mentre Kitai non riesce a sferrare nemmeno un colpo con la sua super arma bianca. L'aquila, ovviamente, è talmente contenta di come sono andate le cose, che decide di prendersi cura del ragazzo quando, poco dopo, sta per congelare, salvandolo da morte certa. Peccato che poi muoia l'aquila stessa. Ma certo, muore per salvare il ragazzo che doveva fare da cena per i suoi piccoli. Credibilissimo. Ma poi, non poteva mettersi al riparo anche l'aquila?

Come fa un ragazzino impaurito a combattere nel finale con un Ursa arrabbiatissima come se fosse un maestro ninja quando poco prima non ha saputo nemmeno difendersi da scimmie e felini? Ah certo, è diventato invisibile, cioè senza paura.

Ovviamente, nonostante le gravissime ferite subite, Cypher Raige sopravvive e ne esce in grande forma. La scena finale in cui Will Smith è sdraiato su una barella con almeno quindici persone intorno è abbastanza comica. Cosa ci fa li tutta quella gente? Nonostante la grave ferita, lui si mette stoicamente in piedi per parlare al figlio. Ma quanto è fico questo generale che, oltre alla paura, non sente nemmeno il dolore e non si preoccupa della sua arteria e delle sue ossa messe malissimo?!

Veramente strafico! Anzi: strafichissimo!



lunedì 10 giugno 2013

Letture: L'ultimo teorema - Arthur C. Clarke, Frederik Pohl

Edizione originale: 2008 - Edizione italiana: ottobre 2012 (Urania - Mondadori)


Letto in novembre 2012


Anni luce di noia!

Troppo raccontato e didascalico. Stucchevole.
Pagine e pagine sulla poco interessante vita di Ranjit Subramanian di cui onestamente si poteva fare a meno.
Tanto più che si tratta di una scusa per illustrare teorie e concetti scientifici come se il lettore fosse uno studente ad un corso universitario.

E poi non decolla mai.
Lo stile ultra-raccontato tiene alla larga l'attenzione e relega in un angolino buio la curiosità per la vicenda degli alieni.
L'immedesimazione nel protagonista è ad anni luce di distanza e forse solo i Grandi Galattici (bel nome, eh?!) sono sulla stessa lunghezza d'onda.

E cosa dire del finale?
Mi trattengo per rispetto a questi grandi scrittori del passato.
Direi però che è ora di voltare pagina.

Parole chiave: didascalico, concetti scientifici, stucchevole
Voto: 1 su 5


martedì 4 giugno 2013

Spettacoli: Miti di stelle - O Thiasos

MITI DI STELLE
DALLE METAMORFOSI DI OVIDIO
RACCONTI E CANTI SOTTO IL CIELO NOTTURNO
a cura di O Thiasos TeatroNatura

Domenica 2 giugno 2013
Casa Laboratorio Ca’ Colmello
via Gesso 21 - Sassoleone (Bologna)

Sullo sfondo, le colline, le nuvole, echi di fulmini lontani.
Immersi nel verde di un anfiteatro naturale, circondati da calanchi e lucciole, siamo in trepidante attesa, coccolati dal frinire dei grilli e dal gracidare delle rane.
Seduti su stuoie, balle di fieno e assi di legno, in attesa che le quattro persone davanti a noi, immobili nelle lunghe vesti bianche e illuminate solo da alcune candele, facciano qualcosa.
All'improvviso uno strano silenzio si cristallizza nell'aria ed è come il movimento d'inizio del maestro d'orchestra. Le tre donne sulla sinistra, intonano una melodia straniera, sovrapponendo le voci in un canto polifonico che fa accapponare la pelle.
Poi, lentamente ritorna la quiete e la narratrice sulla destra comincia a declamare la storia di Callisto, alternata ai canti polifonici...



Solo il lunghissimo applauso finale scioglie la tensione creata dalla narrazione.
Uno spettacolo sorprendente ed emozionante, nella magica cornice delle colline bolognesi.